Luca Zaia, Governatore del Veneto in carica dal 2010, è sempre stato legato al mondo del vino in tutta la sua carriera. Diplomatosi all’Istituto enologico di Conegliano, ha rivestito le cariche di assessore regionale all’agricoltura e turismo dal 2005 al 2008 e quindi di ministro delle Politiche agricole dal 2008 al 2010, nel quale risolse lo spinoso caso delle esportazioni di falso Brunello di Montalcino. Insomma, Zaia il vino lo conosce bene e lo ha sempre difeso.
Governatore, come giudica il settore vinicolo veneto nel momento attuale?
Lo giudico molto buono. Il Veneto lo scorso anno ha prodotto uve per coprire il 3,2 per cento della produzione mondiale. Si tratta di quasi 9 milioni di ettolitri. La sola provincia di Treviso produce l’1,3 per cento del totale planetario e quella di Verona l’1,1 per cento. Lo scorso anno il valore dei vini e mosti esportati dagli operatori veneti è stato pari a 1 miliardo 587 milioni di euro, che significa il 31,5 per cento del valore dell’intero export vitivinicolo dell’Italia, primo paese produttore al mondo. Siamo i portatori delle principali innovazioni in un segmento economico che è tra i più antichi della storia, con la rivoluzione del Prosecco da una parte, l’Amarone dall’altra, accanto ad una tradizione chi si fonda sul territorio e per la maggior parte su vitigni autoctoni. Insomma: i vini del Veneto sanno farsi valere sempre più nell’apprezzamento dei consumatori e nei mercati italiani e internazionali. Per l’economia regionale è un settore in buona salute, anche se in un contesto mondiale fragile, che crea valore e immagine, del quale forse si parla meno rispetto a prodotti di altre regioni italiane. Ma credo che questo dipenda soprattutto dalla pubblicità, più che dall’effettivo posizionamento di mercato.
Quali le principali eccellenze che andrebbero maggiormente promosse?
Intanto promuoviamo le eccellenze che crescono anche in quantità, il Prosecco prima di tutto, che come numero di bottiglie vendute nel mondo ha superato lo Champagne e la cui quantità prodotta è destinata a crescere in ragione dell’entrata in piena produzione dei vigneti più recenti. Aggiungo peraltro, a fronte di quanti nel mondo guardano soprattutto al vitigno (penso in particolare ai paesi non produttori, a partire da quelli europei), che a contendersi il primato mondiale di fama nel mercato sono oggi soprattutto due vini di territorio, Prosecco e Champagne, appunto. Sono peraltro convinto che tutti i grandi vini del Veneto meriterebbero una maggiore promozione ovunque. Ma in mercati vasti, che si dipanano nei cinque continenti, possiamo ragionevolmente operare sulle produzioni più caratteristiche che hanno una massa critica significativa, come ad esempio il Soave, ma non solo. Puntare su vini di nicchia, per una regione come la nostra, diventa più un fatto aziendale che di marketing generale del “made in Veneto”. Se volessimo puntare sul Malanotte, ad esempio, certamente avremmo come riferimento un prodotto di eccellenza, ma con un numero di bottiglie limitato. Il vero problema è piuttosto mantenere un saggio equilibrio tra prodotto offerto e richiesta del mercato, in modo da non svilire nessuno dei tanti protagonisti della nostra enologia che, non dimentichiamolo, è l’unica al mondo in grado di coprire ogni tipo di esigenza e di gusto: dal bianco leggero ai rossi a lungo invecchiamento, dai vini passiti allo spumante in tutte le sue espressioni.
Quale il ruolo della Regione in questo senso, in particolare nella promozione all’estero e nella tutela contro le imitazioni?
Abbiamo un ruolo istituzionale che si riferisce agli investimenti effettuati in cofinanziamento tra sistema privato e risorse comunitarie, che con la prossima programmazione potremmo spendere non solo per la promozione nei paesi terzi ma anche in quelli che aderiscono all’Unione. Abbiamo poi un ancora più delicato ruolo di cogestione della qualità del vigneto veneto, dove sosteniamo i processi di miglioramento e di equilibrio del mercato. Ci siamo ritagliati anche uno spazio sostenendo finanziariamente interventi a tutela dei consumatori dalle imitazioni e dai trucchetti di un mercato che cerca di guadagnare sulla scia della nostra meritata fama, sostanzialmente cercando di ingannare o truffare chi non ha salde conoscenze sul vino. Qui il discorso si allarga, peraltro, alla grossa questione del made in Veneto e made in Italy agroalimentare, che secondo alcune ricerche subisce un danno di circa 60 miliardi l’anno per i falsi che in tutto il mondo si richiamano al prodotto italiano. In questa battaglia, che è esiziale è strategica, vorremmo peraltro avere a fianco tutto il sistema produttivo, mentre anche alcune “multinazionali” nostrane preferiscono barcamenarsi e tenersi le mani libere.
Un suo giudizio sul lavoro dei sommelier nella promozione e divulgazione del vino veneto.
Quello dei sommelier, così come quello della ristorazione ad ogni livello, è un ruolo essenziale per la valorizzazione dei nostri vini, che dovrebbero comparire in testa a tutte le liste dei vini di ogni locale situato nel nostro territorio. Sembrerebbe una cosa normale, lo si fa ovunque in Francia. Da noi troppo spesso si punta o ai nomi più noti in assoluto oppure a vendere il vino che si ha in cantina, piuttosto che quello che più soddisfa il consumatore. Sono ancora troppi gli esercizi pubblici che pensano di guadagnare spendendo meno sulla materia prima, piuttosto che offrendo il prodotto con il miglior rapporto prezzo/qualità. Qualcosa sta cambiando, ma siamo ancora indietro e questo percorso andrebbe compiuto più velocemente, tenuto anche conto che in Veneto pernottano circa 16 milioni di turisti, che generano una presenza ogni 6 registrate in Italia, e che sono per il 65 per cento stranieri. Un turista che soddisfa le sue aspettative, che viene preso per la gola in senso qualitativo anziché nel portafoglio, è un turista che torna e che ci promuove, moltiplicando il valore del territorio.
Per chiudere una domanda personale: quali sono i vini veneti che preferisce?
Io sono per i vini di territorio anche nella tavola di ogni giorno, e poiché sono trevigiano cerco un Prosecco, un Raboso, un colli di Conegliano, un Montello. Ma quando mi muovo in altre province del Veneto, e mi capita spesso, cerco i vini locali, sapendo che avrò sempre delle piacevoli sorprese.
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