Se c’è un settore dove si percepisce davvero, anche visivamente, quello che è ormai diventato un mantra della narrazione aziendale, ovvero il mix “tra tradizione e innovazione”, è quello della produzione di distillati. Nel caso specifico, parliamo di grappa, e precisamente di una delle realtà che in appena un quarto di secolo è riuscita a diventare una delle prime dieci aziende italiane per fatturato, occupando il 15% del mercato. Tutto questo grazie a Roberto Castagner, vero deus ex-machina del brand, uomo tenace e visionario, da sempre spinto da una forte passione unita ad uno solido bagaglio tecnico, tanto da essere autore di un libro uscito nel ’94, “Tecnologia della Grappa e del distillato d’uva”, scritto insieme a Tullio De Rosa, che ancor oggi rappresenta una vera e propria bibbia per i distillatori. E a 68 anni Roberto, nonostante l’entrata in campo della seconda generazione rappresentata dai suoi tre figli Silvia, Giulia e Giovanni, continua a guidare l’azienda, fondata nel ‘96.
Entrando nel suo stabilimento di produzione, a Vazzola, non si può non rimanere impressionati dagli enormi impianti di distillazione in rame, che ricordano molto da vicino nella forma gli alambicchi degli alchimisti settecenteschi, gestiti da computer sistemasti in una piccola stanza ipertecnologica stile Nasa. Oggi la Distilleria Castagner, società partecipata da Roberto Castagner insieme al suo socio storico Bernardo Piazza e dal nipote Carlo, che cura la parte produttiva, è passata da un fatturato di 13,60 milioni di euro del 2021 agli oltre 15 milioni del 2022 per arrivare quest’anno (l’anno fiscale ha chiuso il 30 giugno) a 16,4 milioni.
Con l’entrata in gioco delle nuove generazioni, non solo ai vertici ma anche tra i dipendenti, visto che oggi l’età media si aggira sui 40 anni, alla Castagner si comincia a respirare aria nuova. Un vero e proprio “new deal” che in questi ultimi anni sta trasformando radicalmente un settore che fino a qualche decennio fa era rimasto ancorato alle vecchie tradizioni di consumo. L’innovazione si chiama, senza mezzi termini, proprio “Grappa Revolution”, un progetto che vede la Castagner come capofila e raggruppa dieci tra le più importanti aziende italiane del settore: Marzadro, Nardini, Francoli, Mazzetti d’Altavilla, Bertagnolli, Bonaventura Maschio, Roner, Levi e La Valdòtaine. “Ci siamo resi conto – racconta Giulia Castagner, 38 anni, responsabile della parte commerciale e marketing – che in un mercato piccolo come quello della grappa è necessario far fronte comune per creare una nuova cultura e raccontare l’evoluzione della grappa da prodotto povero della cultura tradizionale a distillato moderno, capace anche di competere nei mercati internazionali”.
Nasce da qui il passaggio dalla classica grappa bianca, ancorata ad un immaginario stereotipato del “distillato fortissimo che bevono i nonni”, alle più sofisticate grappe barricate e invecchiate (e quest’anno la Castagner produrrà, grazie alla lungimiranza di Roberto, una grappa invecchiata ben 23 anni). E soprattutto l’avvicinamento al mondo della mixology, per toccare quella generazione moderna di giovani sempre più attratti dai cocktail. Che ha portato alla produzione di Casta, la prima grappa realizzata esclusivamente per l’uso nella miscelazione, da cui poi è nata anche la collaborazione con il mixologist Samuele Ambrosi, veronese ma trevigiano d’adozione, per la realizzazione di Ve.N.To, primo cocktail al mondo a base di grappa (assieme a succo di limone, miele e camomilla) riconosciuto ufficialmente dall’IBA, l’International Bartenders Association, ovvero la più importante associazione di barman a livello mondiale. “L’idea – spiega Giulia – è quella di creare un elemento importante nella narrazione della grappa, che offra uno spunto ai barman sul suo utilizzo nella miscelazione, magari inventando nuovi cocktails”.
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