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Case Paolin: territorio e natura

Ci sono momenti che segnano un punto di svolta. Magari non ce ne accorgiamo, se non ripensandoci a posteriori, ma sono lì, a segnare uno snodo focale, il momento in cui finisce il “prima” e inizia un “dopo”. Luglio 1997: i tre fratelli Diego, Adelino e il più giovane Mirco aspettano che papà Emilio Pozzobon, che conduce l’azienda viticola di famiglia a pochi chilometri dalle pendici del Montello assieme al fratello Rosario, vada in vacanza. Allora vanno nei vigneti e iniziano a fare di nascosto i primi diradamenti, una selezione delle uve che nel loro progetto permetterà di produrre vini più buoni e far fare un salto di qualità.

La sfuriata di papà Milio, al ritorno, è ancora oggi un divertente ricordo per Adelino: “Ma lo posso capire, per lui era inconcepibile buttare quello che la natura ti dava. Mio padre faceva parte di una generazione che aveva davvero patito fame, per cui gettare l’uva era contro natura. Poi ha capito che per fare un buon vino, che si faccia ricordare, tutto deve partire dalla scelta accurata della materia prima”.

Oggi, quella “missione segreta” non si può dire che non abbia portato i suoi frutti. L’azienda, Case Paolin, è un piccolo gioiello della viticoltura trevigiana. Non si diventa per caso il “Miglior rosso del Veneto”, con cui è stato premiato il loro rosso San Carlo 2017 dai sommelier dell’Ais nel 2022, o i 96 punti presi dall’Asolo Prosecco Superiore Docg Extra-Brut “Pietra Fine” nel prestigioso Decanter World Award. E ci fermiamo qui, perché la lista dei premi ricevuti è davvero lunghissima. E quella fatidica data segnerà davvero il passaggio da una viticoltura tradizionale, quella dei grandi numeri in cui il vino era ancora considerato un alimento e le uve, quindi, non andavano mai sprecate, ad una più moderna, con una minuziosa selezione dei grappoli ed un’attenzione e cura del vigneto.

“Vignaioli per natura”, recita il cartello che porta alla lora azienda, in località Belvedere a Volpago del Montello. E la trasformazione portata avanti dai tre fratelli, Diego, che oggi segue la gestione dei vigneti, Adelino, che si autodefinisce come “jolly tuttofare”, e il più giovane Mirco, enologo diplomato al Cerletti di Conegliano, parte proprio da questo concetto. “Parte – racconta Mirco – dall’idea, già avviata da mio padre negli anni ’80 quando “biologico” non era ancora una parola magica, di una viticoltura sempre più sostenibile: abbiamo ridotto drasticamente l’uso della chimica in vigna, non facciamo diserbo da più di 15 anni, trattiamo solo con prodotti bio da protocollo, senza dispersioni di rame e zolfo nell’aria, abbiamo un sistema di irrigazione interrato che ci permette un risparmio del 60% d’acqua. È stato un percorso lungo, ma che abbiamo intrapreso con grandi impegno e convinzione verso la conversione al biologico, coronato nel 2012 dall’ottenimento della certificazione. Nel raccontare la nostra filosofia, ci piace citare un vecchio proverbio indiano, che dice: la terra non è un’eredità ricevuta dai nostri padri. ma un prestito da restituire ai nostri figli”.

All’amore per la terra e la natura, si aggiunge anche quello per l’orgoglio della tradizione. Come dimostra l’attenta disposizione delle strutture di Case Paolin, che da la vivida impressione di un passato da non dimenticare, ma con una visione moderna. Disposte in cerchio ci sono la nuova cantina per la vinificazione, costruita in stile “vecchia filanda” che sarà pronta a luglio, il vecchio casale di famiglia del ‘700, ristrutturato e trasformato nel magazzino con annessa la bottaia per l’invecchiamento dei rossi, la sala per la degustazione, gli uffici e l’ultimissimo progetto per l’enoturismo “Borgo Paolin. Camere in Vigna”, quattro camere ed un mini appartamento, riservati sia agli importatori e agli agenti in visita che per ospiti privati. L’idea che offre è proprio quella di un piccolo borgo di una volta, tanto che al centro c’è una piazzetta circolare “che vuole riportare in mente il concetto del vecchio filò”, spiega Mirco, il luogo di aggregazione delle tradizioni contadine per parlare di argomenti del passato. E proprio l’aggregazione, il senso di appartenenza alla comunità e al territorio, è un altro concetto per noi importanissimo, ed oggi più che mai attuale”.

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