Giù i prezzi. La certo non felice situazione dei portafogli degli italiani sta avendo i suoi inevitabili effetti anche nel mercato del vino. Era da prevedere. Calano i consumi (secondo un´indagine Coop i vini tipici hanno subito nei primi quattro mesi una flessione del 6 per cento) e i produttori corrono ai ripari con l’unica arma a disposizione per cercare di mantenere un minimo di fatturato: ovvero facendo calare i prezzi, seppur leggermente. E questo vale sia per i vini da tavola Igt che per i Doc. L’ultima indagine Ismea sui prezzi all’origine dei vini nella prima settimana del mese di maggio, segnala un calo del -0,9% per i bianchi a bassa gradazione (9°-11°) e del -2,7% per i rossi ad alta gradazione (12°-13°), mentre rimangono stabili i prezzi sia dei bianchi ad alta gradazione che dei rossi a bassa gradazione. Andamento simile per le Doc, con listini sostanzialmente stabili o in leggero calo. Se vogliamo una piccola rivoluzione, rispetto al passato; oggi il consumatore è disposto a spendere sempre meno per una bottiglia e le politiche di prezzo delle aziende si stanno adeguando a questo trend, che rischia però di generare una gara al ribasso con qualche dubbio sull’effetto che potrebbe avere sulla qualità dei vini. Curioso che, proprio ad inizio anno, una ricerca effettuata dal California Institute of Technology di Pasadena, utilizzando proprio il vino, avesse dimostrato come più un prodotto costa, più si crede che il suo valore sia maggiore di un altro prodotto simile ma che costa meno. Tramite risonanza magnetica, il professor Antonio Rangel aveva osservato il cervello di venti persone mentre assaggiavano lo stesso vino (un cabernet sauvignon), ma a cui venivano attribuiti “falsi” prezzi diversi, dai 3 ai 60 euro la bottiglia. Oltre a descrivere il vino più caro come migliore, gran parte dei volontari provava, in effetti, un piacere maggiore nel degustare il prodotto che credeva più costoso. Questo perché la loro corteccia medio-orbito-frontale – l’area normalmente associata al piacere – era più stimolata nel caso del vino più caro.
A distanza di pochi mesi il potere del prezzo sul nostro cervello non appare più così forte. Colpa della crisi economica, certo, ma anche di una maggiore competenza dei consumatori sul prodotto vino rispetto al passato e di una più forte attenzione sul rapporto qualità/prezzo. Per cercare di capire meglio l’influenza delle politiche di prezzo sui consumatori, le strategie che le aziende mettono in campo, le eventuali differenze di prezzo fra diverse annate degli stessi vini ed in generale l’andamento del mercato dei vini, abbiamo coinvolto cinque professionisti, fra sommelier, giornalisti e produttori in una tavola rotonda sul tema del prezzo. Si tratta di Stefano Cipolato, sommelier professionista all’Hotel Venezia di Mestre e miglior sommelier professionista veneto 2007, Luca Bandirali, presidente dell’Associazione dei Sommelier della Lombardia, Michele Garbuio, primo sommelier all’Hotel Principe di Savoia di Milano e miglior sommelier professionista d’Italia 2006, Emilio Pedron, amministratore delegato del Gruppo Italiani Vini, e Marco Sabellico, giornalista e vice-curatore della guida “Vini d’Italia” di Gambero Rosso-Slow Food. Buona lettura.
“Bisogna fare una distinzione fra il consumatore smaliziato e quello generico e meno competente, che rappresenta la grande maggioranza. Il vino, infatti, ancora oggi può contare purtroppo solo su un gruppo ristretto di estimatori. In questi ultimi c’è una grande consapevolezza della qualità in funzione del prezzo, che viene visto come non assolutamente determinante. C’è una maggior attenzione al rapporto qualità/prezzo, debbo dire anche grazie al lavoro di educazione di noi sommelier, che insegniamo sempre ad attenersi ad un approccio consapevole alla bottiglia, in maniera indipendente dal prezzo. Per il consumatore comune, invece, il prezzo rimane ancora una variabile fondamentale ed è considerato un fattore indicativo della qualità, che nel caso di un prezzo elevato è data per certa. E’ da sottolineare che oggi, in via generale, il mercato si è abbastanza stabilizzato per i vini italiani. Soprattutto per quei prodotti che hanno una buona richiesta. In passato, invece, ci sono stati aumenti del tutto ingiustificati, oggi questi aumenti sono invece molto piccoli, anche perché il mercato non permette più colpi di testa; non c’è più quell’euforia che c’era un tempo. Se i consumatori dimostrano oggi una maggiore attenzione, resta però valido il discorso della marca di prestigio, dell’etichetta importante, in questo caso si è determinati nell’acquisto anche se il prezzo è alto, più per una questione di prestigio che per altro. Reggono comunque molto bene tutte quelle aziende che mantengono un buon equilibrio fra prezzo e qualità del vino”.
“Credo che oggi i consumatori siano più informati e smaliziati e possano capire meglio che un vino di buona qualità non debba necessariamente essere costoso. Questo non accadeva fino qualche anno fa, dove il prezzo influiva certamente molto sulla percezione della qualità e si prediligevano le bottiglie più costose. L’informazione oggi è sicuramente migliore, grazie alle molte riviste del settore e ad internet, ed i consumatori sono più attenti. Resta il fatto che chi conosce poco il vino è ancora attirato dal prezzo per valutare le qualità di un vino, nonostante questo rappresenti un valore relativo. Ovviamente il tutto dipende anche dalla marca del vino, per i grandi vini i prezzi sono sicuramente più alti e vengono spesso influenzati anche dall’andamento dell’annata. Se è stata particolarmente buona, il prezzo sale. D’altro canto ritengo che debba comunque esserci anche un valore limite, oltre al quale non si dovrebbero vendere i vini. Un Chianti a 0,99 euro venduto in un supermercato, ad esempio, è scandaloso. E’ comunque possibile trovare ottimi vini anche intorno ai 4 euro, ovviamente senza aspettarsi grande pretese oltre al fatto di bere un buon vino a tutto pasto. Il mercato dei prezzi dei vini, del resto, ultimamente non ha visto grandissimi rialzi, a parte pochi casi che riguardano soprattutto alcuni bianchi e certi Prosecchi, che si trovano a volte a prezzi davvero spropositati”.
“Certamente oggi, per il consumatore, il prezzo rimane ancora un sinonimo di qualità. C’è da dire che spesso il prezzo è influenzato dal brand, dalla cantina o dal produttore: più elevato è il prezzo, maggiore è la percezione della qualità. Nonostante questo ritengo che il consumatore di oggi sia più preparato di un tempo e ponga una maggior attenzione rispetto al passato al rapporto qualità/prezzo. Cerca soprattutto vini di qualità e di prezzo medio, piuttosto che prodotti costosi. Se parliamo di vini prestigiosi la cosa cambia. Lì ci sono aumenti di prezzo anche rispetto alle diverse annate, se sono favorevoli, ma si esprimono solo dopo un certo periodo di tempo. Anzi io trovo che sia abbastanza giusto valorizzare un’annata eccellente con un maggior prezzo. In generale, comunque, oggi il mercato tende a non esprimere aumenti di prezzo eclatanti, direi che, se ci sono, gli aumenti sono abbastanza leggeri e contenuti, al massimo di mezzo euro. Molti consumatori, invece, si lamentano soprattutto dei ricarichi applicati dai ristoranti. Da un lato credo che ci sia in questo una parte di ragione, dall’altro bisognerebbe anche dare una giusta valutazione al locale in cui ci si trova. Migliori sono il servizio ed il prestigio del locale, più alto sarà il ricarico”.
“Nell’ultimo anno è emerso un nuovo atteggiamento da parte dei consumatori, ovvero la ricerca di vini buoni ma a prezzo contenuto. Una differenza sostanziale rispetto a quando accadeva un tempo, quando le preferenze erano soprattutto verso vini più costosi. Questo mutamento di indirizzo dei consumi lo si deve in parte all’attuale situazione economica, certo non felice, in parte anche alla maggior preparazione dei consumatori, più attenti alla qualità, sicuramente anche grazie alla puntuale attività educativa svolta dal mondo della sommellerie. Il nostro gruppo, ad ogni modo, ha dimostrato, e non certo da oggi, di essere sempre stato molto attento al rapporto qualità/prezzo. Il nostro sforzo è sempre stato orientato al miglioramento della qualità, ma con in testa anche l’efficienza dei costi. Siamo sempre stati contrari alla tendenza a proporre etichette prestigiose, alle cantine griffate, che certo possono aiutare a contribuire ad incrementare l’immagine di un vino, ma non ne aumentano la qualità intrinseca. Al contrario, sicuramente, ne aumentano il costo. Non c’è un reale beneficio, anzi si tratta di strategie da guardare con sospetto. La qualità deve essere invece assolutamente percepibile da chi se ne intende. Direi che questo è uno dei motivi del nostro successo, ovvero un’attenta ricerca nel dare qualità a prezzi inferiori, che ci ha permesso di ottenere ottimi risultati, soprattutto all’estero. Penso, invece, che sarebbe molto utile differenziare col prezzo le migliori annate, ma purtroppo si tratta di una strategia difficilmente attuabile. Dovrebbe essere un’esigenza, soprattutto per i vini di qualità, ma serve un’ulteriore maturazione nei consumatori per poterla realizzare. Per quello che riguarda il mercato dei vini, devo dare atto a tutta la filiera di aver saputo contenere gli aumenti dei prezzi, nonostante siano saliti sia il costo dell’uva che dei servizi, sia quello delle bottiglie che del trasporto. Negli anni passati c’è stata, invece, un po’ di leggerezza da questo punto di vista. Oggi, per cercare di incentivare i consumi non certo brillanti, tutti hanno dimostrato una maggior attenzione al prezzo, anche gli stessi ristoratori. Gli ordini sono sempre più piccoli ed è già difficile mantenere il fatturato. Ma l’unica strada sicura per non perdere ulteriore terreno rimane quella di puntare, sempre e comunque, sulla qualità”.
“Il consumatore oggi è più maturo di quello che si possa credere riguardo alla qualità dei vini. Bisogna comunque ricordarsi che ben il 65% dei vini viene venduto dalla grande distribuzione e che lo scontrino medio arriva ai 3 euro. E che intorno ai 5-8 euro si possono anche trovare anche vini tipici, Doc e Docg. La situazione dei prezzi al consumo, ad ogni modo, oggi è abbastanza calma, anche perché la situazione economica è quella che è. Questo nonostante siano invece aumentati i prezzi della materie prime e i prezzi fissi. Inoltre ci sono stati forti sconti sull’export, causati dalla corsa dell’euro, che ha consentito ai vini italiani di rimanere competitivi nei vini di fascia media, anche nei confronti di paesi produttori emergenti come Argentina, Australia, Cile e Sudafrica. Riusciamo a proporre prodotti abbastanza buoni puntando soprattutto sulla tipicità, anche perché oggi il mercato è abbastanza stanco di vini economici tout-court e ne ricerca un valore aggiuntivo. Non riscontro nemmeno differenze di prezzo relative a particolari annate favorevoli. Se ci sono aumenti si devono soprattutto al fattore moda, quando un vino è di tendenza spesso le aziende ne approfittano alzando i prezzi. Oppure nei casi di vini di prestigio. In questo caso l’influenza di una buona annata si fa più sensibile, al contrario una cattiva recensione sulla stampa specialistica può contribuire a far abbassare il prezzo. Per quello che riguarda le politiche di prezzo va comunque ricordato che oggi le aziende non solo più sole nelle loro scelte. Molto spesso si affidano a consulenti o professionisti di marketing per gestire al meglio la penetrazione nei mercati”.
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